Quando tutti parlano e pochi ascoltano, è un bel guaio.
Ascoltare è un’attività che coinvolge il nostro sistema sensoriale, le nostre cognizioni, e anche le nostre emozioni e la nostra volontà. È qualcosa di diverso dal sentire, cioè dal puro e automatico percepire stimoli sonori attraverso il senso dell’udito.
Ascoltare vuol dire investire consapevolmente una dose di quella risorsa scarsa e preziosa che è la nostra attenzione, con l’obiettivo di decodificare bene e pienamente i suoni che stiamo sentendo.
E’ stato appurato che ricordiamo solo un 25 per cento di quanto abbiamo ascoltato; ho il sospetto che la stima sia fin troppo ottimistica.
Lo psichiatra William Glasser, sostiene che noi impariamo
- il 20 per cento di ciò che ascoltiamo,
- il 50 per cento di ciò che vediamo e ascoltiamo,
- il 70 per cento di ciò che discutiamo con altri,
- il 95 per cento di ciò che insegniamo a qualcun altro.
Egli segnala che esistono molti modi di ascoltare. Per esempio, lo si può fare allo scopo di rispondere, oppure allo scopo di capire. Quando ascoltiamo, noi tendiamo a farlo guidati dalla prima delle due motivazioni; in sostanza, il nostro ascolto è di norma finalizzato a estrarre, dal discorso dell’altro, gli elementi che ci permettono di esprimere in una critica, un consenso, una precisazione, un’esortazione o un’opinione.
Ascoltare per capire significa, invece, aiutare l’altro a esprimersi, manifestandogli vicinanza e facendo, se serve, le domande che possono incoraggiarlo a chiarire il suo pensiero, a noi e anche a se stesso.
Altro discorso è l’ascolto attivo che consiste in un ascolto di qualità, attento, empatico e non giudicante. È un tipo di ascolto che riduce l’ansia, l’aggressività e la propensione a essere insinceri, accresce l’autoconsapevolezza e la percezione della complessità. Questo tipo di ascolto ha una storia, pratiche consolidate, e un nome: active listening, coniato da Carl Rogers e Richard Farson.
L’ascolto attivo prevede la totale assenza di distrazioni (se volete davvero ascoltare qualcuno, per prima cosa spegnete il cellulare), l’osservazione del linguaggio del corpo e della prossemica, e una speciale attitudine ad accogliere e memorizzare, senza preconcetti, qualsiasi informazione emerga, specie quelle inattese. È un tipo di ascolto che non ammette la fretta, il protagonismo o il giudizio.
Ho il fondato sospetto che una maggiore e migliore propensione ad ascoltare migliorerebbe una quantità di cose: dalle relazioni interpersonali a quelle intergenerazionali, dai talk show alla politica, ai climi aziendali. Forse varrebbe la pena di farci, come si dice, un pensierino.
Annamaria Testa, esperta di comunicazione
Tratto da: Internazionale; articolo del 02/02/2021
Articolo completo https://www.internazionale.it/opinione/annamaria-testa/2021/02/02/ascolto-attivo-regole